Un po' di storia...

Per molto tempo, la Storia, quella che si studia a scuola, ha adottato il punto di vista dei vincitori: i Romani, che già dal II secolo a.C. dominavano gran parte del mondo allora conosciuto ed avevano assoggettato quasi tutta l’Italia.

Anche le scarne notizie tramandateci dagli autori antichi raccontano solo dell’epoca in cui Roma era già venuta a contatto con i popoli stanziati nel centro Italia. Questi autori scrivevano attorno al I secolo a.C. e nei successivi ed erano tutti romani, come Livio ad esempio, oppure “filo-romani”: greci come Dionigi di Alicarnasso, che però erano convinti della superiorità di Roma e del fatto che fosse destinata a dominare il mondo.

È stato necessario giungere all’età contemporanea perché la prospettiva cambiasse. Dall’epoca delle grandi scoperte archeologiche (Pompei ed Ercolano in Italia; Troia sull’Ellesponto…) avvenute alla fine del XVIII secolo, è nata quella che noi chiamiamo archeologia.

“Archeologia” è una parola che oggi ci evoca tante figure quasi fantascientifiche: pensiamo prima di tutto alle piramidi, subito dopo ad Indiana Jones, e –perché no?- a Voyager. Ma in realtà questa parola vuol dire, semplicemente, “studio dell’antico”, ed ha la particolarità di non utilizzare, se non in maniera complementare, le fonti scritte e documentarie (come la storia): il suo principale oggetto è lo studio della cultura materiale, mediante l’indagine sul campo, la stratigrafia e l’esame degli oggetti rinvenuti.

Si possono applicare le metodologie archeologiche a qualsiasi tipo di contesto, in qualsiasi località e per qualsiasi epoca, dalla preistoria all’età contemporanea.

Nella nostra regione, una primitiva “metodologia archeologica”, diversa ovviamente da quella attuale, è stata applicata nelle indagini da alcuni grandi personaggi della fine del 1800: i principali sono Vincenzo Zecca per la zona di Chieti, Giovanni Leopardi per quella di Penne e Loreto (erano anche dei collezionisti, le loro collezioni sono esposte rispettivamente nei musei di Chieti e Penne), e soprattutto Antonio De Nino, che svolse dal 1877 ai primi del ‘900 un’infaticabile attività di ricerca e documentazione nel territorio peligno.

Certamente le cronache che ci hanno lasciato fanno sorridere, se le guardiamo con gli occhi di oggi, ma se oggi abbiamo un’adeguata comprensione della nostra storia lo dobbiamo in gran parte a loro.

Nei primi decenni del ‘900, a parte alcuni eruditi come il corfiniese Nicola Colella, non ci sono grandi passi in avanti da segnalare… finché, nel 1934, avvenne qualcosa di totalmente imprevisto: nel territorio del comune di Capestrano (AQ) un contadino trovò una statua di dimensioni colossali! Qualcosa di mai visto prima! E anche vagamente inquietante, perché il linguaggio iconografico era differente da tutto ciò che si conosceva fino ad allora e portava un’iscrizione allora completamente indecifrabile (per saperne di più: vedere Articoli e contributi). Era il famosissimo “Guerriero di Capestrano”, che attirò improvvisamente l’attenzione di tutto il mondo sull’Abruzzo. Da allora iniziarono campagne di scavo a tappeto a Capestrano, poi interrotte con la guerra. 

Nel dopoguerra, i Soprintendenti Giovanni Annibaldi e poi Valerio Cianfarani si adoperarono per la valorizzazione e la ricerca in questi territori: in particolare, Cianfarani creò praticamente dal nulla il Museo Archeologico di Chieti, facendo tornare in Abruzzo materiali e collezioni disperse negli altri musei italiani; e si dedicò a sua volta, insieme ai suo collaboratori (tra cui un giovanissimo Adriano La Regina) alle indagini sul terreno.

Nel 1959 un’altra grandissima sorpresa: le ricerche a Sulmona, in quella che veniva chiamata “Villa di Ovidio”, rivelano invece l’esistenza di un enorme santuario dedicato al dio Ercole, che nei graffiti parietali compare con l’appellativo di Curino.

Da allora, fino a noi, le ricerche in Abruzzo hanno rivelato una realtà complessa e ricchissima: si è compreso tanto sia sulla nascita e sulle caratteristiche dei popoli abruzzesi, sia sulla distribuzione della popolazione nelle varie epoche, sulla formazione degli agglomerati urbani come sui distretti amministrativi composti di villaggi, e anche sul costume e sul linguaggio. Sono state addirittura scoperte delle città sconosciute, che le fonti storiche non nominano, e ne sono state identificate altre di cui non si conosceva l’esatta posizione.

In questo sito cercherò, per quanto possibile, di far conoscere alcuni aspetti della nostra lunga ed appassionante storia!                

Per informazioni, visite guidate, consulenze, collaborazione a convegni, seminari, pubblicazioni, scavi e ricognizioni archeologiche: scrivere ad archeologiaabruzzo@gmail.com         

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