CIBO ED ALIMENTAZIONE NELL'ANTICA CORFINIO. Conferenza, Museo "A. De Nino", 7 luglio 2018

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CIBO ED ALIMENTAZIONE NELL'ANTICA CORFIN
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Donario con dedica ad Ercole dal territorio di Cerchio (AQ). Nuove osservazioni

Donario con dedica ad Ercole dal territorio di Cerchio (AQ). Nuove osservazioni , in Quaderni di Archeologia d'Abruzzo, 4-2012, Firenze 2016 2
Inserisco il testo della bozza perché non mi è stato fornita dalla casa editrice il PDF definitivo.
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Pietrabbondante (IS), zona SWA. Frammento di patera

Pietrabbondante (IS), zona SWA. Frammento di patera, in REI LXXVI (2014), pp. 318-319, Firenze 2015
Nota sul rinvenimento di un gruppo di frammenti ceramici con probabile iscrizione.
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Dai confini del mondo alla patria di Ovidio. Merci, uomini e idee. Catalogo della Mostra di Sulmona 2016

Catalogo della mostra 2016 del Museo della SS. Annunziata, Sulmona (AQ). Versione scaricabile in bianco e nero. Testi a cura di A. Dionisio, S. Mari, R. Tuteri, disegni A. Dionisio, foto M. Vitale, grafica M. Pietrangeli.
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Monografia: La Valle del Sagittario e la Conca peligna, Abruzzo, tra IV e I sec. a.C. Dinamiche e sviluppi della romanizzazione, Oxford 2015.

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ABSTRACT


The present study relies on the analysis of all available published and unpublished data regarding the Sagittario Valley and the Peligna Dell, in order to understand how much the Romanization process affect eachand all areas as parts of them between fourth and first century BC.

The counting of bibliographic documentation, archive, historical, archaeological and epigraphic is carried out in a systematic manner, taking into account the heterogeneity of the sources and the state of the documentation; the volume also includes a card catalog, this annex showing contexts, materials, and inscriptions with recontextualization whereas relationships between them are lost. They reconstructed the long-running processes by which the influence of Rome produces remarkable changes in settlements and roads, in necropolis and burial rituals, in cultural materials, in language and writing as well as in worships and in political, administrative, economic and social development of people living in these places.

The geography of the region makes some territorial subdivisions distinguishable, affecting both rapidity and modality of communications with Rome: primarily the southern area, with its valley furrowed by Sagittarius river and the range of hills at the foot of Mount Morrone, is less exposed to contacts and inserted, until the Roman period, in a circuit of cultural and commercial centers that counts Piceno, Sannio, and Daunia subregions as protagonists, whilst northernvalleys has already been for a long time in the middle of an intense flow of exchanges with the Tyrrhenian side through the roads that will be critical in influencing the birth of the Via Valeria. In addition, the structure of the southern settlement remains as the type defined "paganico-vicano", while in the valley early processes of urban concentration  occur, nearby Corfinium and, later, Sulmo.

Particular attention is devoted to the examination of epigraphic evidence, that were found in substantial quantitiesin these locations. Thanks to the epigraphy,  it was possible to receive a large amount of information about manner and timing in transmitting the Latin alphabet (which replaces the vernacular one by the fourth century BC), earlier used in the local language; it was also possible to understand how the real language romanization occurs during the late Hellenistic period and is accomplished only after the Social War.

Finally, the examination of inscriptions allowed to integrate archaeological evidence and historical sources in order to define the transformation of institutional forms and elements of religiosity: both these aspects, as well as the linguistic profile strictly considered, show the willingness of the local population to assimilate the uses of the Romans and tojoin the romanized italic society with the ability to access the cursushonorum and to obtain privileges reserved to the partners of Rome in commercial and military deals.

This phenomenon, which can be defined as "self-romanization" following Coarelli and the tradition of previous studies, is identified as crucial in the process leading to the Social War of 90 BC as well as toaimat obtaining full recognition by the Roman state through citizenship rights.



Il presente studio si avvale dell'analisi di tutti i dati editi ed inediti disponibili riguardo la valle del Sagittario e la conca peligna, allo scopo di comprendere quanto e come il processo di romanizzazione incida nei singoli comprensori che ne fanno parte, in un periodo compreso tra il IV ed il I secolo a.C.

Lo spoglio della documentazione bibliografica, di archivio, storica, archeologica ed epigrafica è effettuato in maniera sistematica, tenendo conto dell'eterogeneità delle fonti e dello stato della documentazione; al volume è annesso un Catalogo con schede dei contesti, dei materiali in essi rinvenuti e delle iscrizioni, con ricontestualizzazione ove le relazioni tra essi sono andate perdute. Vengono ricostruiti i processi di lunga durata con cui l'influenza di Roma produce dei cambiamenti sensibili nell'assetto insediativo e della viabilità, nelle necropoli e nella ritualità funeraria, nella cultura materiale, nella lingua e scrittura, nonché nel culto e nell'assetto politico, amministrativo, economico e sociale della popolazione residente in questi luoghi.

La conformazione geografica della regione rende distinguibili alcune suddivisioni territoriali, che condizionano la rapidità e le modalità del contatto con Roma: emerge soprattutto come l'area meridionale, con la valle del fiume Sagittario e la fascia collinare ai piedi del monte Morrone, sia meno esposta ai contatti ed inserita fino alla piena età romana in un circuito culturale e commerciale che ha come protagonisti il Piceno, il Sannio e la Daunia, mentre l'area valliva a settentrione è già da un'età molto antica al centro di un intenso flusso di scambi con il versante tirrenico tramite la viabilità orizzontale che sarà fondamentale per la nascita della via Valeria. Inoltre, anche l'assetto insediativo della zona meridionale rimane del tipo definito "paganico-vicano", mentre nella vallata si verificano processi precoci di concentrazione urbana, in corrispondenza di Corfinium e in seguito Sulmo.           

Un'attenzione particolare è dedicata all'esame delle testimonianze epigrafiche, che in queste località sono state rinvenute in quantità consistente. E' stato possibile apprendere, con l'ausilio dell'epigrafia, una grande quantità di informazioni circa le modalità e i tempi della trasmissione dell'alfabeto latino (che dal IV secolo a.C. sostituisce quello encorio), all'inizio utilizzato per la lingua locale; si è potuto comprendere come la vera latinizzazione linguistica avvenga nel corso del tardo ellenismo e giunga a compimento solo dopo la guerra sociale.

L'esame delle iscrizioni ha permesso, infine, di integrare la documentazione archeologica e le fonti storiche allo scopo di definire le trasformazioni delle forme istituzionali e degli elementi della religiosità: in entrambi questi aspetti, oltre che in quello strettamente linguistico, emerge la volontà della popolazione locale di assimilarsi agli usi romani e di entrare a far parte della società italica romanizzata, con la possibilità di accedere al cursus honorum e ai privilegi che le attività commerciali e militari al fianco di Roma consentivano.

Questo fenomeno, definibile -sulla scorta del Coarelli e della tradizione di studi precedenti- "autoromanizzazione", è individuabile come fondamentale nel processo che condurrà alla guerra sociale del 90 a.C. e al tentativo di ottenere un riconoscimento dallo stato romano mediante la concessione della cittadinanza.          

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Culti femminili a Corfinio (AQ)

PDF del mio articolo sul volume 2013 di Archeologia Classica, dedicato alle attestazioni di culti femminili.
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Alcune osservazioni a proposito del Guerriero di Capestrano

A seguire trovate il PDF di un mio contributo di qualche anno fa (in G. FIRPO (a cura di), Fides Amicorum, Pescara 2011).

Parlando di Abruzzo, un accenno a "Nevio", come lo chiamano gli addetti ai lavori, è d'obbligo. La statua del Guerriero di Capestrano è talmente famosa da aver valicato i confini della regione: è conosciuta anche dai non archeologi e, soprattutto, esercita un fascino tutto particolare...

Sapevate che, prima del 1934, non solo non erano note statue paragonabili a questa, ma la lingua in cui è iscritto il pilastrino era completamente sconosciuta?

Se avete la curiosità di approfondire, mentre questo articoletto era ancora in stampa il prof. La Regina, dell'Istituto Nazionale di Archeologia e Storia dell'Arte (Roma), ha pubblicato nel volume Pinna Vestinorum (Pescara 2010) un contributo più ampio sul Guerriero e su tutte le iscrizioni dello stesso gruppo.

Non mi resta che augurarvi buona lettura!

Alcune osservazioni a proposito del Guerriero di Capestrano
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Anversa dei tesori sconosciuti

Questo breve contributo è pubblicato in: Bollettino dell'Associazione Internazionale di Archeologia Classica, 2013.  Un contributo più ampio, sullo stesso tema, è in corso di pubblicazione a cura dell'Archeoclub di Sulmona.

 

I Peligni sono uno dei popoli insediati, prima della conquista da parte di Roma, in quella che diverrà la Regio IV[1]. Occupavano la parte centrale dell’attuale Abruzzo, corrispondente alle attuali valli peligna e superequana.

Il territorio dei Peligni è quasi completamente montuoso, ad eccezione della piana settentrionale in cui sono localizzati i due centri principali di Corfinium e Sulmo; le vie di comunicazione si articolano lungo passaggi obbligati rappresentati dalle vallate dei fiumi e dai valichi montani.

Nei luoghi posti in posizione “periferica” rispetto ai grandi assi di comunicazione, quali l’alta valle del fiume Sagittario, a S di Corfinio, si verificano attardamenti nello sviluppo insediativo, con la permanenza fino al I secolo a.C. di un modello di tipo “paganico-vicano”[2].  

Gli scavi effettuati dalla Soprintendenza Archeologica abruzzese hanno individuato almeno tre aree di necropoli nei pressi dell’attuale comune di Anversa degli Abruzzi (AQ).

Le necropoli di Coccitelle e Fonte Curzio presentano inumazioni in fossa, con perimetro e copertura in lastroni calcarei, con tombe disposte su un pendio secondo le caratteristiche del terreno. La tomba 30 di Coccitelle presentava una deposizione supina femminile con servizio ceramico intorno al corpo e ornamenti indossati come in vita (nelle tombe maschili lo stesso si riscontra per le armi). Il corredo mostra tratti comuni a tutto il territorio peligno, quali il servizio da tre pezzi ceramici (olla grande, coppa, brocchetta o anforetta); ma sono presenti oggetti personali di connotazione arcaica che denotano l’inserimento di questa località in una direttrice commerciale che collegava il territorio peligno con la Daunia, passando per il Sannio: il collare[3] ha confronti ad Alfedena in sepolture di V-IV secolo a.C; la coppa monoansata[4] è attestata nelle necropoli vestine (Loreto Aprutino-Cappuccini) e sannite (Alfedena) dello stesso periodo. I tre dischi in osso[5], parte di un diadema, e la fibula a doppia ondulazione[6], sono invece attestati a Sulmona e tra i Vestini (Nocciano) in età arcaica. La tomba, quindi, si può datare per la presenza di ceramica a vernice nera[7] all’età ellenistica, ma gli ornamenti si inquadrano ancora in un orizzonte tardo-arcaico.

A Cimitero dei Pagani le tombe presentano una struttura a “grotticella”, ossia ad ipogeo scavato nella breccia; questa può essere considerata tipica dei Peligni, con esempi nelle località limitrofe (Capestrano nei Vestini, Ortucchio nei Marsi)[8].

La t. 3 ha dromos centrale ed è priva di banchina; il corpo si trovava disteso, perpendicolare al dromos, con il corredo ceramico intorno. Si nota una compresenza di materiali locali con altri di importazione o imitazione daunia: un’anfora canosina [9]e un kantharos[10], che la datano alla prima metà del III secolo a.C., e con un unguentario di tipo centroitalico[11] diffuso anche nel versante tirrenico e nel territorio vestino e marrucino dal IV al I secolo a.C.                             

Nella stessa necropoli è possibile individuare i mutamenti che si verificano nel costume funerario in un periodo di più avanzata romanizzazione. La tomba 7, maschile (fig. in alto), presenta un’anfora a base piana da trasporto[12], un unguentario lekythoide[13], una coppa a vernice rossa e una tazza a pareti sottili, che la datano almeno alla prima metà del I secolo a.C.; si notano la persistenza dell’uso dell’inumazione e del servizio da banchetto da tre pezzi, ma con la sostituzione dei pezzi tradizionali con altri caricati di un valore ideologico: dal periodo successivo alla guerra annibalica l’anfora da trasporto compare nelle tombe come sostitutiva dell’olla, allo scopo di evidenziare l’appartenenza dell’individuo sepolto al nuovo ceto dirigente, che traeva ricchezza e prestigio dalla partecipazione ai commerci e alle imprese militari romane nel Mediterraneo. Si conserva l’uso, largamente attestato a Corfinio, di apporre un vaso a due manici all’ingresso del dromos, ma il tradizionale vaso peligno in piombo[14], è sostituito con uno in bronzo ad anse affrontate[15]. Inoltre, al posto delle armi, in questa tomba è presente lo strigile[16]. 

Mentre a Corfinio e Sulmona si compie definitivamente il processo di urbanizzazione, nella valle del Sagittario si verifica una perdita di importanza di queste necropoli. La frequentazione della vallata però continua: Strabone[17] tramanda il nome di una polis Koukolon (Cocullo); documenti epigrafici testimoniano l’esistenza di un pagus Betifulum nei pressi dell’attuale Scanno. Le iscrizioni, in latino e databili alla fine del I secolo a.C., restituiscono l’immagine di un distretto di discreta importanza e sembrano confermare l’intenso rapporto che le principali famiglie delle élites locali intrattenevano con il ceto dirigente dei dominatori[18].



[1] Strab., Geogr., V.

[2] Fest., f. 502 L. : (vici)… ex agris, qui ibi villas non habent, ut Marsi aut Paeligni; per il significato della definizione e le diverse interpretazioni vd. La Regina 1970, pp. 446-448; Tarpin 2002.

[3] Parise Badoni, Ruggeri Giove 1980, fig. 30.1, p. XX e tt. 55 e 81; NotSc 1878, pp. 316-318; Riccitelli 2003, p. 107, fig. 132.

[4] Cfr. Sannio 1980, p. 69, fig. 21.2; Staffa 2010, pp. 102-103 e fig. 192.

[5] Tuteri 2002, p. 53; cfr. NotSc 1892, p. 432.

[6] Guzzo 1972, p. 122; Lollini 1976, p. 140 fig. 11; Mattiocco 1981, tav. LXVI, n. 1; D’Ercole, Chiaramonte Trerè 2003, tav. 80 t. 119.   

[7] Cfr. Morel 1981, vol. II, pl. 108; Cederna 1951, p. 205, fig. 14, n. 33.

[8] Le principali ipotesi sull’origine di tale struttura la fanno derivare dalle tombe a camera ipogeica etrusche o, viceversa, dagli ipogei dauni.

[9] Tuteri 2002 pp. 42-59; NotSc 1971, pp. 728 ss, tav. 29. Cfr. Maes, Wonterghem 1972, pp. 615 ss; De Juliis 1997, pp. 129-134.  

[10] Romito, Sangiovanni 2008, p. 211; cfr. Iker 1986, pp. 467-468, figg. 225-228; De Juliis 1997, pp. 126-129.

[11] Staffa 2010, p. 83. Cfr. Forti 1962, p. 143 ss.; Morel 1981, pl. 200; Camilli 1999, p. 75; D’Ercole, Copersino 2003, pp. 118 ss.

[12] Cfr: Wonterghem 1984, p. 147, fig. 162; Zevi 1966, pp. 225-226.

[13] Romito, Sangiovanni 2008, pp. 211-212; Tuteri 2002, pp. 42-59. Cfr. Forti 1962, p. 143 ss., tav. VII; Camilli 1999, p. 67 tav. 9.

[14] Wonterghem 1968, p. 284 e tav. III, fig. 7; Sannibale 1994, p. 130, n. 21.7; Szilagyi 2009, pp. 361-367.

[15] Cfr: Wonterghem 1968, p. 284 e tav. III, fig. 8; Sannibale 1994, pp. 130-133, nn. 21.7 e 21.8.

[16] Romito, Sangiovanni 2008, pp. 211-212.Cfr. D’Ercole, Copersino 2003, p. 349 fig. 19; Wonterghem 1984, p. 150 fig. 166; Martelli 1976, pp. 46-47.

[17] Geogr. V, 3, 11.

[18] Prima iscrizione: C. Caidio. L. F. / S. Ser. Praesenti / Ann. XXXIIX / decurio / primus. a / Betifulo.  Piccirilli 1933, p. 461; CIL IX, 3088=Dessau 1892-1906, n. 6531; Febonio 1678, l. III, p. 112; Forni 1979, pp. 147-148, n. 2. Seconda iscr.: L. Caidius. L. (f.) / Ser(gia tribu) Speratus / viv(us) sibi et Alfia(e) / Q. f. Secundae / uxori / L. Caidio L. f. Ser(gia tribu) Afro / IIIIviro aedili f(ilio). Piccirilli 1933, pp. 460 ss; La Regina 1968, pp. 435 ss; AE 1968, p. 149; Accivile et al. 1974, p. 27; Forni 1979, pp. 145-146 e fig. 1.

  

Fibulae. Da oggetti d'uso a opere d'arte

Le fibule, oggetti poco conosciuti tra i non archeologi, sono molto più delle nostre spille da balia.

Rappresentano, in tutto il mondo antico, il principale mezzo per allacciare i vestiti, prima dell'introduzione dei bottoni; ma molto spesso divengono assai più preziose dell'abito.

Si compongono di un certo numero di parti, ben riconoscibili: un arco, un ago (o ardiglione) che veniva infilato nel vestito, una molla che faceva da raccordo tra i due, e una staffa per fermare l'ago. Altre parti (fermagli, appendici...) variano da una tipologia all'altra e possono anche non essere presenti.

Nelle fibule più tarde, dopo la conquista romana, la molla è sostituita da una cerniera

Anche nel nostro territorio, in necropoli appartenenti a tutti i principali popoli abruzzesi e a tutti i periodi dall'età del Bronzo fino al Medioevo, sono stati rinvenuti numerosi corredi funerari, anch'essi pertinenti ad un amplissimo arco cronologico (più di un millennio), con fibule delle tipologie e dei materiali più svariati: decorate o no, in bronzo, ferro, argento o addirittura oro...

Come esempio, in questo breve poster ho analizzato due corredi prima inediti, della prima età ellenistica, rinvenuti ad Anversa degli Abruzzi (AQ), località della Valle del Sagittario nel territorio dei Peligni. Il poster è pubblicato a cura di P. Piana Agostinetti negli Atti del Convegno Celti d'Italia, tenutosi nel dicembre 2010 presso l'Università di Roma- Sapienza. Si ringrazia il dott. Emanuele Giannini per grafica ed impaginazione.

Buona lettura!

 

 

 

Poster Celti d'Italia.pdf
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Sempre sull'argomento fibule, ecco due contributi di taglio più specialistico che ho pubblicato per il Museo di Antichità Etrusche e Italiche dell'Università di Roma- Sapienza (da p. 156 in poi), in un volume miscellaneo dedicato alla collezione Gorga. All'interno dell'estratto in PDF sono presenti anche articoli di altri colleghi inerenti agli elementi del costume.

Il riferimento completo è:

-   Fibule tra il V e il I secolo a.C. in G. BENEDETTINI (a cura di), Il Museo delle Antichità Etrusche ed Italiche. II. I. I Bronzi della Collezione Gorga, Roma 2012, pp. 156-191.

-   Le fibule a cerniera dalla metà del I secolo a.C. agli inizi del II secolo d. C. in G. BENEDETTINI (a cura di), Il Museo delle Antichità Etrusche ed Italiche. II. I. I Bronzi della Collezione Gorga, Roma 2012, pp. 192- 206.   

   

catalogo 41-226.pdf
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