Antiche aristocrazie abruzzesi. La statuaria in pietra di grandi dimensioni

Stele di Guardiagrele. Chieti, Museo Nazionale.
Stele di Guardiagrele. Chieti, Museo Nazionale.

Un aspetto intrigante, e –almeno all’epoca dei primi rinvenimenti- enigmatico, dell’archeologia della nostra regione è rappresentato da una specifica classe di manufatti, databili tra gli inizi del VI e il V secolo a.C.: le grandi statue in calcare locale.

Dopo il rinvenimento del guerriero di Capestrano, avvenuto nel 1934 (e per cui rimando all’articolo nella pagina Articoli e contributi), si pensava che esso rappresentasse un unicum. Non esistevano confronti, per le dimensioni più grandi del normale –superiori ai 2 metri di altezza-, per l’imponenza e il senso del sacro che essa trasmette, e nemmeno per l’apparato simbolico complesso che mostra: la statua è infatti connotata con tutti i segni del potere. Ma con il passare degli anni, nuovi rinvenimenti si aggiunsero a questo straordinario monumento.

Tanto per iniziare, non molti sanno che insieme al Guerriero fu trovata un’altra statua. Questa, di cui rimaneva solo il tronco (e non è stato mai trovato il resto) era di dimensioni molto più piccole, inferiori al normale, e raffigurava una donna: fu perciò battezzata “Dama di Capestrano”, e ancora oggi è l’unica statua femminile proveniente dal territorio. È importantissima perché ci testimonia il costume femminile, in modo anche più chiaro di quanto possiamo capire dalle sepolture rinvenute in necropoli: la statua, infatti, mostra come erano indossate le vesti, allacciate sulle spalle non con bottoni (che non erano ancora stati inventati) ma con due fibule (cioè spille); e come le donne si pettinavano, raccogliendo i capelli in due trecce laterali. Nelle tombe degli antichi Vestini e delle popolazioni confinanti (come i Peligni), infatti, sono state trovate fibule con arco a doppia ondulazione in bronzo o ferro, identiche a quelle della Donna, e spiraline fermatrecce in bronzo o argento.      

Nel 1965, nel territorio di Guardiagrele, fu rinvenuto un tronco di dimensioni paragonabili a quelle del Guerriero. La cosiddetta “Stele di Guardiagrele” è però molto appiattita, non a tutto tondo; anch’essa però ha inciso sul petto un disco-corazza, con due cinghie simili a quelle raffigurate sul Guerriero. Ha inoltre una lancia con un grande puntale, e una collana (torques) con pendagli, che ha confronti in gioielli rinvenuti nelle sepolture dell'Abruzzo meridionale, ma non presenta iscrizioni.

Negli anni seguenti i rinvenimenti si sono moltiplicati. Nel 1973 sono state rinvenute le tre stele di Penna S. Andrea, vicino Teramo,  di cui abbiamo già parlato nei post precedenti per la loro importanza per la comprensione della lingua locale. La loro forma molto rozza e approssimativa, stranamente, non deriva da una maggiore antichità, visto che le iscrizioni sono databili al pieno V secolo. Lo studioso G. Colonna sostiene che il minore pregio di questi monumenti è un segno di un’avvenuta “democratizzazione” della società nel tardo arcaismo: le statue non erano più dedicate ad un singolo aristocratico e alla sua famiglia, ma segno di un’intera società retta da magistrati simile alla res publica romana.        

Altre statue invece sono più simili a quella di Capestrano: è il caso ad esempio delle Gambe di Collelongo, nella Marsica. In origine venivano chiamate “Gambe del diavolo” dalla gente del posto, perché erano murate in una costruzione e parzialmente visibili. Presentano una forma molto simile a quelle del Guerriero, e come questo hanno due pilastrini di sostegno laterali.

Altri monumenti, invece, tutti frammentari, non sembrano avere nessun sostegno: sono a tutto tondo e di dimensioni molto grandi. Parliamo dei Guerrieri di Atessa e di Rapino e del grande Torso di Pallano. Colpisce la posizione delle braccia di questi guerrieri: identica a quella del guerriero di Capestrano, con gli arti piegati ad angolo retto e adagiati sull’addome, sfalsati, uno più in alto dell’altro. Si pensa che questo gesto sia simbolico: potrebbe rappresentare la mestizia, il lutto (e quindi sarebbero tutte statue funerarie), o piuttosto la regalità e la potenza.

La statua di Rapino presenta una mitria, ossia una protezione per l'addome simile a quella del guerriero di Capestrano; anche quella di Pallano, che si caratterizza per l'allungamento sensibile dei volumi, ha una specie di cintura costolata che fa pensare ad un indumento simile. 

Infine, la Testa di Manoppello, in provincia di Pescara, è un grande blocco di calcare in cui si riconoscono appena un orecchio e un abbozzo di lineamenti. 

Di certo la rappresentazione in un modo così imponente indica che questi personaggi dovevano avere un rango eccezionale, assommando in un’unica persona, come il mitico Romolo, primo re di Roma, il potere militare, sacro e civile. La rappresentazione, nell’antichità, aveva un significato di eroizzazione: spendere tempo, abilità e ricchezza per effigiare qualcuno è garanzia che il ricordo di quell’individuo sopravviverà ai secoli, e la storia ci ha dato la prova che questo è vero. E il fatto che uno di questi personaggi sia una donna insegna qualcosa anche a noi.     

Per informazioni, visite guidate, consulenze, collaborazione a convegni, seminari, pubblicazioni, scavi e ricognizioni archeologiche: scrivere ad archeologiaabruzzo@gmail.com

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Commenti: 2
  • #1

    Erica Bagagli (lunedì, 12 marzo 2018 05:59)

    Sono un' archeologa protostorica, laureanda presso l'università degli studi di Pisa. La mia tesi sarà proprio incentrata sullo studio della statuaria medio adriatica, tra Piceno e territorio abruzzese. Spero in una interazione e collaborazione con voi.
    Buon lavoro
    Erica Bagagli

  • #2

    Anna Dionisio (giovedì, 15 marzo 2018 18:03)

    Certamente, non aggiorno il sito da un po' per mancanza di tempo ma se ha bisogno di qualunque cosa chieda pure!