La Marsica: attestazioni epigrafiche da Aielli, Cerchio e Collarmele (AQ)

Breve anticipazione (che racchiude quanto già edito) di parte di un contributo in via di pubblicazione sui Quaderni di Archeologia d'Abruzzo.

 

Il territorio attualmente compreso nei comuni di Collarmele, Aielli e Cerchio è situato ai confini nordorientali della Marsica e si trova in una zona di passaggio verso e dalla valle subequana.

Da esso provengono interessanti testimonianze, tanto storiche quanto epigrafiche, relative all'esistenza nell'antichità di un centro abitato di una certa importanza denominato Cerfennia, in seguito inglobata, dal I secolo a.C. in poi, nel territorio del municipium di Marruvium. In Liv. IX, 44 si afferma che Cerfennia fu distrutta dai Romani nel 304 a.C.:  L'esistenza del toponimo Campo Cerfegna nel territorio di Collarmele ha suggerito l'identificazione di questo centro con l'antico nucleo preromano.

Gli itinerari di età tardoantica trasmettono per questa città le distanze da altri centri principali. Per l'Itinerarium Antonini, essa dista 23 miglia da Alba Fucens e 16 da Corfinio; la Tabula Peutingeriana trasmette invece la distanza di 7 miglia da Marruvium, 20 da Alba e 12 da Corfinio. Per il miliarium Claudii, invece, la distanza con Ostia Aterni è 43 miglia.

Attualmente si conoscono poche testimonianze archeologiche degne di nota provenienti dalla zona; il territorio di Collarmele ha restituito materiali di età romana (oggetti d'uso, come unguentari in vetro, e un frammento di rilievo architettonico in calcare), mentre ad Aielli, in località S. Agostino, furono rinvenute nel 1936 quattro sepolture a camera con i resti di almeno due letti in osso, di notevole fattura (Copersino 2001). 

Di maggiore interesse sono le iscrizioni rinvenute nel territorio: la maggior parte di esse è riferibile alla piena età romana, ad eccezione di una, ricomposta da due frammenti, che riveste notevole importanza per via della menzione di due magistrati e di una lex Saufeia (La Regina 2012). L'iscrizione è stata interpretata come la registrazione di una sentenza che obbligava gli acquirenti di fondi adiacenti alle maceriae, vie interpoderali, a mantenere in luogo i confini preesistenti, sentenza di cui erano stati incaricati due magistrati fratelli di Praeneste, Lucius e Albius della gens Saufeia. La legge agraria in questione sembra essere stata promulgata nel 121 a.C.(La Regina, cit.) In questo senso -nota l'autore- la testimonianza può essere accostata ad una proveniente dal territorio peligno, dai dintorni di Sulmona e datata alla fine del I sec. .C., in cui si esortano i callitani a callibus ire per non incorrere in iniuriam (NotSc 1887, p. 159; per bibliografia aggiornata vd. Dionisio cds, vol. II, p. 371, Cat. E 173), e -indirettamente- anche ad una da Sepino (CIL IX, 2438), che riporta un decreto dell'imperatore Macrino (217-218 d.C.) in cui, viceversa, si esorta la popolazione urbana a non arrecare iniurias, soprattutto intese come vessazioni fiscali,ai conduttori di greges oviaricos che attraverso le calles transitavano per la città.

Un'altra iscrizione, apposta su un donario in calcare proveniente dal territorio di Cerchio rinvenuto nel 2006, ha suscitato non pochi dubbi poiché l'inizio della seconda linea, scarsamente leggibile, è stato interpretato da C. Letta come facente riferimento ad un vicus Ei(e)dianus, toponimo non altrimenti noto che l'autore considera derivato dal nome di una gens (E)idia (Letta 2011, pp. 257-266). Si tratterebbe di una dedica ad Ercole da parte di un gruppo di magistri vici.

 

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