Un' iscrizione dal territorio dei Volsci

Oggi ci soffermeremo sui documenti epigrafici relativi ad un popolo che, in età storica, non rientra tra quelli stanziati nell'Abruzzo come lo intendiamo attualmente. Tuttavia, è interessante notare come anche questa popolazione e la sua lingua mostrino un evidente legame di parentela con i Sabelli in senso proprio. 

Il territorio de Volsci è ubicato nella media valle del Liri, confinando a nord-est con i monti della Meta, a sud con i monti Ausoni e ad ovest con il mar Tirreno. E’ stato individuato un piccolo stanziamento volsco nei pressi di Alfedena e Barrea, ad Atina (FR); si può quindi ipotizzare che l’alto Sangro sia il punto di partenza delle migrazioni volsche verso Ovest già da un’epoca molto precedente a quella in esame, intorno alla fine del VI sec. Nei primi periodi dopo la migrazione si erano impadroniti di tutta la pianura Pontina e delle città latine di Terracina, Anzio, Cora, Velletri.

Plinio li nomina tra i popoli facenti parte della Lega latina (Nat. Hist. III, 68); una delle loro principali città è Satricum, che fece il suo primo ingresso nella storiografia in occasione della ribellione delle 29 città latine contro Roma nel 499 o 496 a.C. Da allora questa città fu la roccaforte dei Volsci contro Roma, che attraversarono un periodo di espansione (culminato nelle conquiste del 488 a.C., ottenute con l’aiuto di Coriolano (Liv. II, 39, 1-5). Alleatisi con gli Equi, i Volsci furono sconfitti per la prima volta al passo dell’Algido (Colli Albani) nel 431 a.C.

La più antica iscrizione volsca che possediamo, proveniente dalla necropoli di Satricum, è databile al V sec. a.C. Conserva però caratteri di arcaicità ed una stretta somiglianza con il sudpiceno ed il capenate.

Il testo è inciso su un’accetta miniaturistica di piombo ritrovata all’interno di una tomba nel 1983. La lettura dell’editore Colonna (1984), poi seguita da Rix, è iúkús : ko : efiei.

Colonna si limita ad affermare che “i Volsci certamente non hanno appreso a scrivere dai Latini, ma sono arrivati sul Tirreno già in possesso della scrittura… una scrittura nazionale, dipendente dai modelli tiberini, elaborata nelle originarie sedi appenniniche di quel popolo, probabilmente nella conca del Fucino".

Rix, attraverso una puntuale analisi linguistica, ha proposto di intendere il senso dell’iscrizione come “ad lucum Aedii”: deriverebbe da un protosabellico *loukod-kom aidhieis e indicherebbe la dedica dell’oggetto in un bosco sacro, come accade con l’analogo umbro uocucum coredier, “Ad lucum Coredii”, delle molto più tarde Tavole Iguvine (T Ig VI 45).

In particolare, ricaviamo da questo testo due indizi. Uno è la parentela linguistica tra volsco e marso. L’altro è di tipo cronologico: come Rix osserva, la i iniziale di iúkús sarebbe la traccia documentata della trasformazione *l>j>v, comune al sudpiceno ed alle lingue di ceppo sabellico: all’esistenza di radici comuni, come lo stesso *louk-, fanno riscontro processi di trasformazione identici in tutta l’area. Ciò è ancora più evidente se pensiamo al sudpiceno iepeten (CH.1) e successivo vepetí (TE.2), da *leped-; o ad *haidh-, radice indoeuropea per “bruciare”, che ritroviamo nel teonimo efio- in umbro e in efidans sudpiceno (Rix 2002 Sp AP 5).      

 

 

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