L'antica Sulmo e il suo contesto territoriale

La conca di Sulmona è uno dei bacini alluvionali di maggiori dimensioni in Abruzzo, insieme alla conca del Fucino, all’interno di un contesto geografico per la maggior parte montuoso; pertanto, la viabilità e i confini tra le popolazioni sono strettamente condizionati da tale conformazione del territorio fin dall’età preistorica.

L’ager Sulmonensis occupa il settore centro-meridionale della conca peligna, poco a S della confluenza tra i fiumi Gizio e Vella, e appare delimitato naturalmente a N dal corso del Sagittario, che lo divide dal territorio di Corfinio; i restanti confini sono stabiliti naturalmente dalle catene montuose[1].

Il primo nucleo urbano di Sulmona sembra non essere antecedente al IV-III secolo a.C. e di questa prima fase di occupazione rimangono solo testimonianze indirette; sembra comprendere in sé il ruolo di preminenza politica sul territorio che in precedenza era detenuto dai centri fortificati, in particolare quello del Colle Mitra[2]. Ha come asse generatore la viabilità in direzione N-S, passante a breve distanza dal vico di Fonte d’Amore collocato sulla via pedemontana del Morrone. E’ quella che sarà chiamata “via degli Abruzzi”, importante transito nell’antichità tra le popolazioni umbre e picene e  i Vestini a N e i Sanniti Pentri –e tramite essi con la Daunia e la Magna Grecia- a S; tutto ciò si riflette nel record archeologico con la presenza, specie in necropoli, di materiali di importazione da queste aree in grande quantità, analogamente a quanto si è potuto osservare per i nuclei antichi situati lungo l’asse N-S rappresentato dalla valle del Sagittario.

Le direttrici viarie principali passanti per il territorio di Sulmo sono, dunque, in primo luogo l’arteria N-S, corrispondente alla già descritta “via degli Abruzzi”; il tracciato in direzione NW-SE, rappresentante il collegamento tra Sabina e Apulia.  Questa, con il sistema delle calles publicae (di cui rimane una testimonianza epigrafica, con l’eco dei diverbi tra allevatori e agricoltori: vd. infra) e il collegamento al traffico tratturale Celano-Foggia, è interessata dalla transumanza fin da epoche remote[3]; il tratto viario rientrante nel territorio aquilano, che costeggia il Colle Mitra, poi la Mansio Iovis Larene (Cansano) e passa per Pescocostanzo prima di toccare Aufidena prende il nome di Claudia Nova[4], mentre di quello passante per Sulmona non è stato tramandato il nome[5].

Infine esiste anche una viabilità trasversale che segue la direzione E-W, ed è la stessa passante per Corfinio. Essa non venne creata dal nulla, in realtà, ma nacque dal riassetto e dall’unificazione di un sistema di viabilità interna, documentata da Livio[6] come esistente già ai tempi della Guerra Latina (340-338 a.C.), che collegava Tibur con Corfinium, sotto il nome di via Valeria; nel 48-49 d.C. fu estesa fino ad Ostia Aterni collegando Roma con l’Adriatico. Il percorso originario di tale via fu generato da un sistema di collegamenti trasversali all’Appennino utilizzati fin dall’età del Ferro[7].

Due itinerari tardoantichi, la Tabula Peutingeriana e l’Itinerarium Antonini, indicano itinerario e lunghezza di tale percorso in relazione a due stazioni di sosta: Statulae lungo la Valeria, nei pressi di Corfinio, e Iovis Larene lungo la viabilità perpendicolare NS. In questo modo, si è notato come i due punti gravitino ciascuno nell’influenza di uno dei due centri maggiori, Statulae (Goriano Sicoli) su Corfinio e Iovis Larene-Ocriticum su Sulmona[8].

Sono ancora ben visibili nella Tabula Peutingeriana, almeno in alcune zone, i resti dell’arteria che nel Medioevo (a partire almeno dal 998, secondo l’Instrumentarium del Chronicon Casauriense[9]) veniva chiamata Via nova, come si apprende dalla menzione nel catasto del 1376[10], e che E. Mattiocco ha riconosciuto come ricalcante il tracciato, nei pressi di Sulmona, dell’antica Claudia nova[11].

Si è notato come nell’assetto antico del territorio sulmonese dovette avere non poca importanza la presenza di due centri fortificati principali, Colle delle Fate a N presso Roccacasale e Colle Mitra a S, a 3 km da Sulmona (anche se le ricerche degli ultimi decenni hanno evidenziato come i centri fortificati siano numerosissimi in tutta l’area, e anche nelle contigue alte valli dei fiumi Gizio e Sagittario)[12], che avrebbero contribuito a delineare già dall’età arcaica le rispettive sfere di competenza dei due centri maggiori; non a caso, almeno dall’età arcaica fino al periodo immediatamente precedente la romanizzazione, Colle Mitra è considerato punto di riferimento centrale, tanto del sistema difensivo quanto dell’organizzazione territoriale, in un assetto del territorio che è ancora di stampo “paganico-vicano”[13].

Alla base dell’assetto territoriale delle città antiche era l’immediata relazione tra territorio coltivato ed insediamenti[14]; le necropoli, i santuari, i centri fortificati si strutturavano in rapporto a questi nuclei fondamentali, cellule con estensione ridotta ed alta densità[15]. I vici erano i centri abitati singoli, il cui nome è trasmesso così dalle fonti antiche per contrapporli alle città propriamente dette; il termine pagus, invece, stando alle ultime interpretazioni, non doveva indicare un centro maggiore ma piuttosto il contesto territoriale e amministrativo in cui erano inseriti i villaggi[16]. Si tornerà nella sezione Sintesi sul problema rappresentato dalla terminologia e dall’espressione “paganico-vicano”. 

Gli studi più recenti hanno rimarcato l’assenza di bruschi stravolgimenti in tale modalità di ripartizione e di impiego del territorio: le trasformazioni operate dall’apparato statale romano interessano un arco cronologico molto ampio, dalle guerre sannitiche al periodo immediatamente seguente la guerra sociale; in quest’ultimo periodo fu portata a compimento l’opera di municipalizzazione.

È opportuno ricordare che i municipia stessi non vennero creati dal nulla, ma furono istituiti dove già un nucleo aveva raggiunto una preminenza territoriale e un’adeguata struttura urbanistica: solo in tal caso il centro principale, essendo divenuto referente del potere centrale, riceveva una pianificazione atta ad adeguarlo al canone di città, con la creazione di edifici e infrastrutture di stampo urbano[17]. 

Ciò emerge particolarmente nel territorio in esame, in cui i centri di precipua importanza, Sulmo e Corfinium nella conca peligna e Superaequum nella valle subequana, ricevettero l’istituzione a municipia. Nel caso di Sulmona e Corfinio, la preminenza che  esse acquisirono ben prima della municipalizzazione fu dovuta alla centralità che possedevano all’interno del territorio di pertinenza, ma –fattore non privo di importanza- anche alla loro particolare posizione, su pianoro naturalmente difeso. Per Sulmona, la cui piattaforma era più ampia e meno ripida rispetto a quella corfiniese, tale fattore si rivelò alla lunga favorevole e dovette incidere non poco sul notevole sviluppo urbanistico di età romana.    



[1] TUTERI 1999, p. 364.

[2] SLADE 1975; WONTERGHEM 1981, p. 26, che si interroga sul motivo generatore di tale fenomeno, se un meccanismo graduale e “in concomitanza con i fenomeni socio-economici connessi alla romanizzazione”, oppure il risultato di una misura contenuta nel foedus del 304 con Roma.  Dell’effettiva esistenza di questo foedus non è sicuro GROSSI 1990b, mentre sembrano accreditarlo FIRPO-BUONOCORE 1998.

[3] ROMITO-SANGIOVANNI 2008, pp. 213-214.

[4] MATTIOCCO 2003, pp. 83-88.

[5] TUTERI et al. 2011, p. 54.

[6] Liv. VIII, 6, 6: per Marsos Paelignosque profecti adiuncto Samnitium exercitu ad Capuam, quo iam Latini convenerant. La via attraverso i Marsi e i Peligni che permette agli italici alleati dei Sanniti di giungere a Capua dovrebbe corrispondere proprio, almeno nella prima parte, al tratto più orientale della Valeria.

[7] TUTERI et al. 2011, p. 54.

[8] Tab. Peut., segm. V; MILLER 1916, pp. 322-323 e fig. 93; LEVI 1967; WONTERGHEM 1984; TUTERI 1999, pp. 362-363; MATTIOCCO 2003, p. 79; per l’identificazione tra Iovis Larene ed un punto vicino al santuario di Ocriticum-Cansano, di cui resta forse un’eco nel toponimo Campo di Giove ma che non è da identificare con il territorio di tale comune: MATTIOCCO 2003, pp. 87-88; TUTERI et al. 2005.

[9] Chr. Cas. C. 57v. Vd. MATTIOCCO 2003, p. 87, nota 34. 

[10] MATTIOCCO 1994, pp. 149-150.

[11] MATTIOCCO 1993, pp. 260-261.

[12] SLADE 1975, pp. 1 ss., con una dettagliata descrizione dei centri fortificati dei dintorni (da integrare con quelli di più recente individuazione: vd. MATTIOCCO 1981; id. 1981b, p. 18 e 23; id. 1989b, pp. 453-509; SLADE 1995, pp. 147-171; una mappa completa è in TUTERI et al. 2011).

[13] MATTIOCCO 1981b, pp. 23-24; TUTERI 1999, p. 363; TUTERI et al 2011, p. 54.

[14] Per un approfondimento di questo dato, che si individua come una costante nel mondo antico e non solo, e per le sue ripercussioni nella storia italica e romana, vale il contributo di CAPOGROSSI COLOGNESI 1981.  

[15] GROSSI 1995, pp. 59-71; TUTERI et al. 2011, p. 54.

[16] Così in TUTERI et al. 2011, p. 54.

[17] TUTERI et al. 2011, p. 54.

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